Hayette Cheikh e l'identità biculturale: affrontare le domande sull'origine personale

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By Redazione Gossip.re

Hayette Cheikh e l’identità biculturale: affrontare le domande sull’origine personale

Identità e appartenenza: La storia di Hayette Cheikh

Hayette Cheikh, nata a Modena, incarna le complessità identitarie della seconda generazione di migranti in Italia. A soli 30 anni, ha trascorso un’intera vita nel delicato equilibrio tra culture diverse. Diventata cittadina italiana all’età di 16 anni, quando suo padre ha ottenuto la cittadinanza, Hayette ha oscillato tra due mondi: da un lato, le radici marocchine della sua famiglia, dall’altro, la cultura italiana in cui è cresciuta.

«Oggi di anni ne sono passati altrettanti ma a mia figlia, al parco o a scuola, viene fatta ancora la stessa domanda che mi metteva a disagio da piccola: sei italiana o marocchina?», racconta Hayette. Questa domanda, carica di significato, evidenzia le difficoltà di definire un’appartenenza in un contesto sociale che spesso costringe a scegliere. Hayette, consapevole della complessità della sua identità, incoraggia la figlia a sentirsi libera, sottolineando come non debba necessariamente fare una scelta. Desidera che le future generazioni possano accettarsi senza il peso di dover dimostrare un’appartenenza esclusiva.

La sua esperienza familiare è stata segnata dalla dinamicità delle lingue e delle culture: cresciuta ascoltando i suoi genitori parlare arabo mentre lei rispondeva in italiano. Questi scambi, limitati da una reciprocità ancora da costruire, hanno contribuito a una comprensione più profonda della diversità e delle sue sfide. La consapevolezza che i suoi genitori avessero sempre in mente il ritorno in Marocco ha cozzato con la realtà di una vita che si è radicata in Italia. Hayette riconosce di sentirsi una figlia di migranti, non appartenente né completamente all’Italia né al Marocco, ma piuttosto portatrice di entrambe le identità.

Tuttavia, il suo viaggio personale l’ha porta a diventare un’attivista in vari ambiti, focalizzandosi sulla cittadinanza e sulla salute mentale. Hayette ha partecipato attivamente a iniziative comunitarie e progetti che cercano di affrontare e risolvere le problematiche identitarie e sociali delle persone come lei. Questa mobilitazione non è solo un atto di ribellione contro l’indifferenza dei sistemi, ma anche un tentativo di creare uno spazio in cui le nuove generazioni possano crescere in un clima di accettazione e inclusione.

In cerca di un riconoscimento che spesso le viene negato, Hayette Cheikh riscopre la sua appartenenza non solo nelle etichette, ma anche nelle esperienze condivise e nelle comunità che crea e sostiene.

Crescita tra due culture: L’esperienza di una seconda generazione

La crescita di Hayette Cheikh, come di molti suoi coetanei di seconda generazione, è caratterizzata da un complesso intreccio di culture e identità. Nata a Modena da genitori marocchini, Hayette ha vissuto l’incubo di essere collocata in una zona grigia in cui i confini tra l’appartenenza italiana e quella marocchina si sovrappongono e si confondono. Nonostante la sua cittadinanza italiana ottenuta a 16 anni, la sua esperienza quotidiana è quella di una figura che ha navigato tra due mondi, senza mai sentirsi completamente parte di uno di essi.

«Crescendo, ho sempre avvertito una spaccatura. A casa, la lingua araba dei miei genitori era il filo conduttore della nostra identità culturale, ma quando uscivo, il mondo che mi circondava parlava un altro linguaggio, quello dell’italiano e dei modelli culturali occidentali», spiega Hayette. Questo dualismo linguistico ha profondamente influenzato la sua percezione di sé e ha creato una cacofonia di aspettative e obblighi. Da un lato, la tradizione e i valori del Marocco; dall’altro, l’aspettativa di integrarsi in una società che spesso fissava delle barriere invisibili.

Molti di quelli che, come Hayette, condividono questo stesso percorso si trovano a dover affrontare una pressione costante. Spesso i ragazzi di seconda generazione sono messi di fronte alla domanda: «Dove ti senti veramente a casa?» Una domanda che può sembrare innocua, ma in realtà nasconde un peso emotivo e psicologico significativo. Per Hayette, e per tanti altri, questa dicotomia rappresenta una lotta incessante, un tentativo di definire non solo la propria identità, ma anche il proprio posto nel mondo.

Dalla sua esperienza, Hayette ha dedotto l’importanza di costruire ponti tra culture. Nel suo lavoro come operatrice sociale e attivista, ha cercato di riflettere su come le esperienze individuali possano generarne di collettive. La sfida, sostiene, è quella di trovare uno spazio di accettazione dove chi vive in questo limbo culturale possa sentirsi rappresentato e sostenuto. «Dobbiamo dar voce a chi si sente invisibile e lottare affinché ogni individuo possa esprimere appieno la propria identità, senza paura di rinnegare parti di sé», afferma con determinazione.

Hayette, attraverso il suo operato, si propone non solo come una custode di esperienze ma anche come una guida per i giovani che, come lei, si trovano a crescere tra due culture. Desidera educhiarli affinché comprendano che le loro identità non devono essere un peso, ma piuttosto una risorsa da valorizzare, in grado di arricchire non solo se stessi ma anche la società in cui vivono.

La domanda che fa riflettere: Sei italiana o marocchina?

La domanda che continua a perseguitare Hayette Cheikh è emblematicamente semplice, ma carica di significati profondi: «Sei italiana o marocchina?» Questo interrogativo, che ha segnato la sua infanzia e ora quella della sua bambina, evidenzia le sfide di identità che affrontano le seconde generazioni di migranti. A differenza di un semplice quiz, si tratta di una questione esistenziale che riflette le complessità dell’appartenenza in un contesto multiculturale.

Hayette osserva la sua bambina mentre interagisce con i coetanei nel parco o a scuola, cogliendo le stesse espressioni di incertezza che lei ha provato da giovane. «Io guardo mia figlia e le dico: sei libera, non sei obbligata a fare una scelta», afferma, sottolineando la necessità di riequilibrare la narrazione sulla diversità culturale. La sua speranza è che le future generazioni possano affrontare questa conversazione con serenità, accettando la loro identità come un mosaico di esperienze, piuttosto che un dualismo conflittuale.

La dicotomia ‘italiana’ e ‘marocchina’ non riflette accuratamente il vissuto di chi cresce in un ambiente misto. Hayette ricorda il suo percorso di crescita, in cui la lingua araba dei genitori si mescolava con l’italiano quotidiano. Era un costante rimanere in bilico tra due mondi, ognuno con le proprie aspettative e norme. Questa tensione tra identità culturalmente opposte ha imposto non solo un’identificazione discontinua, ma anche una profonda introspezione sulla propria figura in quanto appartenente a entrambi i gruppi.

Nel contesto italiano attuale, le sfide sono amplificate dall’assenza di un riconoscimento ufficiale della complessità culturale delle seconde generazioni. Hayette, infatti, lamenta come né lo Stato italiano né quello marocchino la riconoscano completamente come appartenente a entrambi i mondi. «Non sono né italiana né marocchina, anche se in realtà sono entrambe le cose», sottolinea. Quest’osservazione critica delinea una frustrazione più ampia; una generazione che non solo desidera essere accettata, ma cerca anche di costruire un’identità che vada oltre le etichette.

Di fronte a domande così ricorrenti, Hayette ha scelto di abbracciare il proprio percorso identitario non in termini di scelte binarie, ma come un tunnel di esperienze che si intersecano e si arricchiscono reciprocamente. Con il suo lavoro e il suo attivismo, non solo si impegna a migliorare la visibilità delle seconde generazioni, ma si propone anche di elaborare un linguaggio inclusivo, in grado di rappresentare le sfumature dell’esperienza migratoria.

In definitiva, l’affermazione di un’identità ibrida diviene una risorsa, piuttosto che un limite. Hayette Cheikh si impegna a garantire che le giovani generazioni possano crescere con una consapevolezza profonda di sé, affermando che si può essere parte di più culture senza dover scegliere un’unica appartenenza. Questa è la vera essenza della libertà identitaria.»

Attivismo e impegno sociale: La lotta per la cittadinanza

Hayette Cheikh ha dedicato gran parte della sua vita all’attivismo, focalizzandosi su una battaglia che vede coinvolti molti giovani di seconda generazione in Italia: la lotta per il riconoscimento della cittadinanza. La sua esperienza personale, segnata da discriminazioni e da un senso di esclusione, l’ha spinta a diventare una voce per quanti, come lei, si trovano intrappolati tra due identità culturali insufficientemente rappresentate. “Ma né lo stato italiano né lo stato marocchino mi riconosce in quanto tale”, afferma con una nota di malinconia, ma anche di determinazione. Hayette ha voluto dare un significato attivo a questo riconoscimento, impegnandosi in progetti volti a sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo le problematiche legate alla cittadinanza, soprattutto per i giovani come sua figlia.

Il suo operato si estende oltre la mera rivendicazione di diritti. Hayette è parte di Idee in circolo, un’associazione di utenti della salute mentale, dove lavora per abbattere le barriere e le stigmatizzazioni che molti ragazzi di seconda generazione si trovano ad affrontare. Attraverso dibattiti e workshop, Hayette ha messo in luce la necessità di un cambiamento legislativo profondo, in grado di andare oltre l’attuale legge sulla cittadinanza, la 91 del 1992, che non riconosce automaticamente i bambini nati in Italia da genitori stranieri. “Vorrei che la società si rendesse conto che siamo nati e cresciuti qui e abbiamo bisogno di un percorso diverso”, dichiara con chiarezza nell’auspico di un riconoscimento dei diritti civili per tutti.

In questo percorso, i limiti seguiti dalla figura del migrante non hanno mai arrestato la sua determinazione. La decisione di indossare il velo ha portato Hayette a riconsiderare le sue ambizioni professionali iniziali, ma non l’ha allontanata dalla sua vocazione sociale. “Sono un’operatrice del Social Point”, spiega, sottolineando la sua continua dedizione a servire la comunità, anche se questo implica un cambio di percorso professionale. Al contempo, porta avanti la sua passione per la grafica, collaborando con la Casa delle Culture di Modena, un luogo che promuove l’inclusione e il dialogo interculturale. Hayette ha anche assunto un ruolo da leader, presiedendo BiSabr, un’associazione che si rivolge a giovani di radici diverse unite dalla fede musulmana.

Il suo attivismo si estende anche al coinvolgimento in iniziative legate alla causa palestinese e in programmi di supporto per i detenuti. Questa amplissima gamma di attività evidenzia una considerazione cruciale: la lotta per la cittadinanza e l’inclusione passa anche attraverso la comprensione e il rispetto delle diversità culturali e delle libertà individuali. Hayette non si limita a chiedere una riqualificazione delle norme legali, ma cerca anche di creare un nuovo paradigma sociale, in cui ogni identità è valorizzata e compresa.

Salute mentale e disagio: Una voce per le giovani generazioni

La salute mentale rappresenta un tema cruciale per i giovani di seconda generazione, un aspetto spesso trascurato nonostante l’impatto profondo che ha sulla loro vita quotidiana. Hayette Cheikh, attraverso la sua esperienza personale e professionale, ha messo in luce le sfide psicologiche che affrontano molti ragazzi e ragazze, costretti a navigare in un contesto che può risultare alienante e confuso. «Vorrei che la società si rendesse conto che siamo nati e cresciuti qui e abbiamo bisogno di un percorso diverso, adatto a noi», afferma con fermezza, sottolineando l’urgenza di rivedere gli approcci tradizionali al benessere mentale.

In particolare, Hayette riconosce che non sempre esiste una consapevolezza circa le specificità delle traiettorie identitarie delle seconde generazioni. Spesso, il loro vissuto è caratterizzato da un senso di “non appartenenza” che può sfociare in disturbi d’ansia, depressione e, nei casi più gravi, in gesti estremi. «Molti nella mia generazione hanno iniziato a soffrire di ansia, avere delle dipendenze; c’è anche chi si è suicidato», osserva, richiamando l’attenzione sulla necessità di interventi mirati e competenti sul tema della salute mentale.

Uno degli aspetti fondamentali che Hayette pone in evidenza è il bisogno di costruire percorsi di supporto psicologico che tengano conto della pluralità culturale e dei vissuti individuali. Secondo la sua visione, è essenziale creare spazi in cui i giovani possano esprimere le proprie esperienze senza il timore di essere giudicati o fraintesi. La pressione di dover “scegliere un’identità” può essere devastante, e per Hayette è fondamentale promuovere la comprensione che l’identità non debba essere ridotta a una scelta binaria. «Io non vorrei che le generazioni future continuassero a sentirsi così», afferma con determinazione, riflettendo un desiderio di cambiamento attivo.

La sua attività nell’ambito della salute mentale non si limita dunque a una mera analisi dei problemi, ma si traduce in un impegno concreto per sviluppare programmi e iniziative. Hayette ha coadiuvato dibattiti durante la Settimana della Salute Mentale a Modena, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche legate alla pertinenza culturale nei percorsi di cura. Il suo obiettivo è precisamente quello di far emergere le voci di chi, come lei, ha attraversato l’esperienza del disagio fuso con una pluralità di identità.

Le scuole e le istituzioni educative, sostiene Hayette, devono evolversi per includere una maggiore diversità nei loro programmi di supporto psicologico. L’educazione deve andare oltre le norme tradizionali per abbracciare la ricchezza culturale delle classi. È un impegno quotidiano quello di Hayette, che lavora non solo per il miglioramento delle condizioni individuali, ma anche per infondere un senso di comunità e appartenenza tra i giovani, per favorire un futuro in cui le varie identità possano coesistere armoniosamente.

La realtà scolastica in Italia: Dati e testimonianze

La situazione scolastica in Italia evidenzia un quadro complesso e variegato, in cui più di un alunno su nove ha la cittadinanza straniera. Secondo l’ultimo rapporto del Ministero dell’Istruzione relativo all’anno scolastico 2022/2023, si registrano circa 915.000 studenti senza cittadinanza italiana, di cui quasi sette su dieci sono nati nel Paese. Questi dati non solo mettono in risalto la presenza significativa di giovani di origine straniera, ma pongono anche interrogativi cruciali riguardo la loro integrazione e accettazione all’interno delle istituzioni educative italiane.

Per Hayette Cheikh, che ha vissuto in prima persona le difficoltà e le ambivalenze di crescere in un contesto scolastico da figlia di migranti, il mondo della scuola rappresenta un microcosmo delle tensioni sociali più ampie. «In molte occasioni, le scuole hanno mostrato di non essere preparate a gestire la complessità delle identità culturali dei loro studenti», osserva con una tale consapevolezza critica. Spesso, la pressione di conformarsi a un modello di riferimento unilaterale può risultare schiacciante, portando a un senso di esclusione e disagio tra gli alunni di seconda generazione.

Un aspetto particolarmente preoccupante riguarda le esperienze emotive e psicologiche di questi studenti, che si trovano a vivere in un contesto educativo che spesso non riconosce né valorizza la loro diversità culturale. Hayette sottolinea che la difficoltà di integrare tali identità può manifestarsi in disagio psicologico, e molte delle sue conoscenze nella comunità hanno iniziato a soffrire di ansia e depressione. «Le scuole dovrebbero adottare un approccio migliore, improntato all’inclusione», afferma, formulando una richiesta di attenzione alle particolari esigenze di questi ragazzi. Un riconoscimento delle loro esperienze e delle loro origini è fondamentale per nutrire un ambiente più positivo e stimolante.

Inoltre, le istituzioni educative hanno la responsabilità di costruire percorsi di apprendimento mirati alla valorizzazione della diversità. Buone pratiche educative potrebbero includere l’introduzione di programmi che offrano spazi di riflessione sulla cultura di provenienza di ciascun studente, favorendo l’interazione tra diverse prospettive identitarie. «I giovani devono sentirsi rappresentati e supportati in questo viaggio, per non perdere mai il contatto con le proprie radici», afferma Hayette, richiamando l’importanza di crearsi una comunità accogliente all’interno delle scuole.

Non si può ignorare l’assenza di una riforma sostanziale della legge sulla cittadinanza, che continua a influenzare in modo negativo le vite di molti ragazzi compresi in questo contesto. Hayette è chiara nel comunicare che le generazioni attuali hanno bisogno di un miglioramento in termini di legislazione che riconosca automaticamente i diritti di cittadinanza per i bambini nati in Italia, al fine di garantire un futuro senza discriminazioni e con pari opportunità. Mentre il panorama scolastico è complesso, l’impegno di persone come Hayette è essenziale per rivendicare e promuovere un’educazione inclusiva e sensibile alle sfide dell’identità, per permettere a tutti gli studenti di prosperare e utilizzare appieno i loro talenti.

Costruire un futuro: Messaggi di speranza per le nuove generazioni

Hayette Cheikh, attivista e professionista impegnata nel sociale, non si limita a denunciare le problematiche legate all’identità e alla cittadinanza. Il suo sguardo è rivolto al futuro e alla costruzione di un percorso che favorisca l’accettazione e l’inclusione per le nuove generazioni. «Spero che i miei figli e i loro coetanei possano vivere in un contesto in cui non debbano mai più porsi le domande che io ho affrontato», afferma con determinazione, sottolineando la necessità di superare le divisioni che segnano il dibattito contemporaneo sulle identità culturali.

Per Hayette, il messaggio centrale è che l’accettazione di sé non deve essere un obiettivo difficile da raggiungere, ma una normalità. «Le nuove generazioni devono imparare a vedere le proprie radici come una risorsa», continua, esprimendo la sua convinzione che la diversità culturale possa trasformarsi in un valore aggiunto per la società. La chiave è creare spazi in cui la pluralità non venga vista come una minaccia, ma come un’opportunità di crescita collettiva.

Un aspetto cruciale del suo impegno è l’educazione. Hayette insiste sulla necessità di un approccio educativo che includa tutte le voci e le esperienze, affinché ogni ragazzo e ragazza possa sentirsi rappresentato. «La scuola dovrebbe diventare un rifugio sicuro dove si possono esplorare e celebrare le proprie identità», afferma, auspicando che gli istituti scolastici adottino pratiche inclusive e formative che abbracciano la diversità culturale.

Inoltre, attraverso le sue attività con diverse associazioni, Hayette lavora per raccogliere storie e testimonianze di giovani che vivono situazioni simili alla sua. Riconoscere e valorizzare queste esperienze è fondamentale nel processo di costruzione di un’identità forte e consapevole. «Quando raccontiamo le nostre storie, possiamo non solo sensibilizzare gli altri, ma anche rafforzare il senso di appartenenza tra di noi», sostiene, consapevole della potenza dei racconti condivisi.

Il suo lavoro si estende quindi oltre il mero attivismo. Hayette mira a dare vita a reti di sostegno tra giovani, affinché possano confrontarsi e crescere insieme, abbattendo le barriere che a lungo hanno segnato le loro esperienze. Il messaggio è chiaro: nessuno dovrebbe sentirsi costretto a scegliere o a rinunciare a una parte importante di sé. La speranza è che le future generazioni possano affrontare la propria identità con fierezza, prendendo consapevolezza del valore delle loro origini.

Da questo punto di vista, Hayette non cerca solo un cambiamento Legale, ma una vera e propria rivoluzione culturale. È convinta che un domani migliore sia possibile, se e solo se ci si impegna a costruire una società che apprezzi e rispetti le differenze. «Siamo tutti parte di questo paese e meritiamo di essere visti per chi siamo», conclude. Con questa visione, Hayette Cheikh si propone di guidare le nuove generazioni verso un futuro non più caratterizzato da conflitti identitari, ma dalla celebrazione della diversità.