Animali TikTok: i video dei loro desideri espressi con bottoni di plastica affascinano proprietari e etologi

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By Redazione Gossip.re

Animali TikTok: i video dei loro desideri espressi con bottoni di plastica affascinano proprietari e etologi

Fenomeno virale dei pulsanti parlanti

I video di animali che comunicano i loro desideri attraverso pulsanti plastiche hanno conquistato un vasto pubblico su TikTok e Instagram, generando una vera e propria mania. In particolare, i filmati che mostrano cani in grado di esprimersi premendo questi pulsanti sono diventati virali, attirando l’attenzione di milioni di utenti. La popolarità di questo fenomeno, iniziato durante il periodo di lockdown, ha portato a una crescente curiosità tra i proprietari di animali: possono davvero i nostri amici a quattro zampe comunicare con noi?

Tra i protagonisti di questa tendenza troviamo Bunny, un cane capace di formare “conversazioni” con la sua proprietaria facendo uso di un vocabolario composto da oltre centosessanta pulsanti. Le richieste di Bunny possono spaziarsi da semplici esigenze quotidiane, come una passeggiata, fino a interazioni che suscitano interrogativi su una possibile consapevolezza di sé, come nel caso in cui il cane sembra interrogare il proprio riflesso. Questa apparente capacità di comunicazione alimenta la fantasia, portando molti proprietari a considerare l’idea che i loro animali possano disporre di una forma di linguaggio complesso.

Su piattaforme come TikTok, il flusso di video con animali che si esprimono non si limita ai cani; include anche gatti, e altri mammiferi, tutti intenti a “parlare” grazie ai pulsanti. Le reazioni entusiaste dei proprietari, unite alla viralità di questi contenuti, danno vita a una correlazione tra un’idea di comunicazione animale e la potenzialità di comprendere ciò che effettivamente accade nella mente dei nostri animali domestici.

Storia di Christina Hunger e Stella

Christina Hunger, logopedista di professione, è diventata una figura centrale nel mondo della comunicazione tra umani e animali grazie all’innovativa “pedagogia dell’apprendimento tramite pulsanti”. La sua storia ha inizio con la cagnolina Stella, alla quale Hunger ha applicato metodi tradizionalmente utilizzati per insegnare a parlare ai bambini. Le prime parole apprese da Stella, come FUORI, ACQUA e GIOCA, hanno segnato l’inizio di un percorso che ha portato la cagnolina a esprimere verità più complesse. Col passare del tempo, Stella ha cominciato a combinare frasi, arrivando a frasi di due o tre parole, assomigliando così, in qualche modo, alla comunicazione di un bambino di due anni e mezzo.

Un episodio emblematico ha colpito Christina Hunger quando, a causa del cambio dell’ora legale, i pasti di Stella hanno subito un ritardo. In segno di protesta, Stella ha premuto i pulsanti esprimendo il concetto di “LOVE YOU NO”, rivelando così una forma di comunicazione emotiva e di frustrazione. Questo episodio non solo ha messo in luce le capacità della cagnolina, ma ha dimostrato anche l’importanza del legame di fiducia e comprensione tra proprietario e animale.

Da quell’esperienza, molti altri proprietari di cani hanno cominciato a esplorare l’uso dei pulsanti, cercando di replicare il successo di Stella. Camille Bromley, nel suo articolo, osserva come i cani che hanno avuto successo nell’apprendimento dei pulsanti condividano tratti comuni: proprietari che investono tempo e impegno nel processo comunicativo e animali con una personalità forte. Questo approccio ha dato vita a una nuova forma di interazione, dove i cani non solo partecipano attivamente alle conversazioni quotidiane, ma dimostrano anche capacità cognitive sorprendenti.

Potenziale comunicativo degli animali

L’idea di comunicare con gli animali ha radici profonde nella nostra cultura, affondando nella ricerca scientifica che risale all’epoca vittoriana. Tuttavia, è dagli anni ’60 in poi che gli studi si sono intensificati, prendendo di mira primati, delfini e pappagalli in esperimenti dotati di una crescente complessità. Da allora, la nostra comprensione della comunicazione animale si è evoluta, rivelando che i cani, essendo stati i primi animali a essere addomesticati, hanno sviluppato una sinergia comunicativa con gli esseri umani difficile da eguagliare.

Quando i cani interagiscono con il linguaggio umano, la loro risposta non è puramente reattiva. La ricerca ha dimostrato che quando sentono il nostro linguaggio, il loro cervello registra un interesse attivo. Essi tendono a seguire le nostre indicazioni, a riconoscere segnali non verbali e a interpretare le nostre espressioni facciali. Questo non significa che i cani comprendano il linguaggio nel senso pieno del termine, ma piuttosto che si avvicinano alla comunicazione in un modo che fa appello alle loro capacità cognitive e emotive.

Recenti studi hanno dimostrato che i cani possono riconoscere alcune parole e che non si limitano a premere i pulsanti in modo casuale. Si osserva, infatti, che la loro interazione con i pulsanti comunicativi non si basa solo su un semplice meccanismo di imitazione, ma piuttosto su un apprendimento attivo e selettivo. Questo indaga un’idea affascinante: i cani possono, in contesti appropriati e con le giuste condizioni, elaborare frasi composte e tentare di esprimere concetti che vanno oltre il puro bisogno immediato. Ciò apre la porta a nuove forme di interazione con i nostri animali e chiama in causa una riflessione più profonda sul loro stato emotivo e cognitivo.

Studio sui pulsanti parlanti e risultati

Il lavoro di Federico Rossano, professore associato di scienze cognitive presso l’Università della California, San Diego, rappresenta un’importante pietra miliare nella ricerca sulla comunicazione animale. Il suo studio, il più ampio del suo genere, coinvolge oltre diecimila cani e gatti in circa cinquanta paesi. Avviato nel 2020 in collaborazione con FluentPet, il progetto fa da palcoscenico per osservare come gli animali possano apprendere a comunicare attraverso l’uso di pulsanti. Una delle peculiarità di questo studio è la sua natura di citizen science; non ci si basa su animali addestrati in laboratorio, bensì su animali che vivono quotidianamente in contesti familiari.

Grazie a un metodo rigoroso, Rossano ha raccolto dati attraverso telecamere operanti ventiquattro ore su ventiquattro. I risultati iniziali del suo studio hanno rivelato che i cani, in media, riconoscono una serie di parole comuni e sembrano premere pulsanti per formare frasi di due parole in modi che non sono puramente casuali. Questo suggerisce un apprendimento associativo più sofisticato, piuttosto che un semplice riflesso delle pressioni esercitate dai loro proprietari.

Tuttavia, la vera sfida è determinare se i cani stiano realmente creando combinazioni di pulsanti per comunicare idee complesse, piuttosto che limitarsi a un comportamento imitativo. Rossano ha dichiarato che il potenziale di esplorare la capacità dei cani di trattare concetti più astratti è promettente. In futuro, i suoi interrogativi di ricerca si concentreranno su frasi più articolate, sulla possibilità di riferire a oggetti e situazioni assenti e sull’indagine delle emozioni. Per Rossano, le scoperte attuali sono solo l’inizio di una comprensione più profonda delle capacità cognitive canine.

Critiche e considerazioni etologiche

Il dibattito intorno all’utilizzo dei pulsanti parlanti per la comunicazione tra umani e animali ha suscitato numerose critiche, principalmente da parte degli etologi. Una delle voci più prominenti in questo contesto è quella di Alexandra Horowitz, direttrice del laboratorio di cognizione canina al Barnard College. Secondo Horowitz, la tecnica di addestramento e utilizzo dei pulsanti potrebbe privare i cani della loro essenziale animalità, costringendoli a conformarsi a un sistema di comunicazione umano che, per loro, potrebbe non essere naturale.

Horowitz sottolinea come i cani già si adattano in vari modi alle aspettative umane: devono richiederci permesso per urinare, si adattano alle nostre routine sociali e devono camminare secondo i nostri tempi. Questo, sostiene, rende evidente che il fascino che proviamo nei confronti dei cani risiede anche nella loro diversità e nel loro comportamento istintuale. Il desiderio di forzarli a comunicare in un linguaggio a noi familiar è un’azione riduttiva che potrebbe erodere quel qualcosa di misterioso che ci attrae in loro.

Dal canto suo, Federico Rossano risponde a queste critiche, sostenendo che l’introduzione di nuovi metodi comunicativi non implica la perdita delle modalità naturali di interazione. Anzi, la possibilità per i cani di esplorare un ulteriore canale comunicativo arricchirebbe il rapporto con i loro proprietari, consentendo una maggiore comprensione reciproca. Secondo Rossano, il contesto di apprendimento in cui i cani vengono coinvolti potrebbe addirittura incentivare la loro espressività, senza compromettere la loro identità animale.

Le considerazioni etologiche si estendono ulteriormente nella questione di come i cani percepiscono la loro nuova capacità comunicativa. Se da una parte è innegabile che i pulsanti possano fornire nuovi stimoli e possibilità di espressione, dall’altra resta aperta la questione se tali interazioni rappresentino realmente quello che i cani desidererebbero comunicare in assenza di un contesto umano. La domanda è cruciale: fino a che punto i cani possano essere considerati protagonisti attivi in questa forma di comunicazione, piuttosto che semplici rispondenti a un sistema imposto dall’uomo?