L'abito della Maison dimenticata riemerge: storia di rinascita dall'oscurità del nazifascismo alla moda contemporanea

Gossip

By Redazione Gossip.re

L’abito della Maison dimenticata riemerge: storia di rinascita dall’oscurità del nazifascismo alla moda contemporanea

Il filo spezzato: la rinascita dell’ultimo abito della Maison di moda

Un abito di alta moda sta emergendo dalle ombre del passato, simbolo di una storia che ha vissuto gli orrori del nazifascismo. Questo vestito, un tempo parte della Maison Finzi, è ora il risultato di un progetto innovativo che unisce memoria e design. La Maison Finzi, attiva sin dagli inizi del Novecento, era un punto di riferimento nell’alta moda italiana fino a quando le leggi razziali non ne segnarono la fine, costringendo i suoi fondatori a nascondersi o a fuggire. Oggi, grazie all’iniziativa Il Filo Spezzato, l’eredità di Guglielmo ed Edgardo Finzi è nuovamente sotto i riflettori.

Questo progetto, ideato da Marta Nava e Guido Lo Pinto, ha coinvolto dieci talentuosi studenti di diverse nazionalità del master IED in Fashion Design, i quali hanno ricevuto l’incarico di ricreare un abito basato su un bozzetto ritrovato nei fondi storici della Biblioteca Braidense. Approcciando il design con una coscienza sociale, i partecipanti hanno saputo trasformare un pezzo di storia in una nuova creazione, rendendo omaggio non solo alla Maison, ma anche a tutti coloro che hanno subito il peso delle persecuzioni.

Una selezione delle creazioni degli studenti culminerà nella rievocazione pubblica dell’abito, che sarà indossato dalla Presidente del Consiglio Comunale, Elena Buscemi, durante un’importante cerimonia. Questa scelta rappresenta un ponte tra il passato e il presente, riannodando un filo spezzato attraverso la bellezza della moda e la profondità della memoria.

Storia della Maison Finzi e dei suoi fondatori

La Maison Finzi, fondata da Carlo Finzi a inizio Novecento, rappresentava un’eccellenza nell’alta moda italiana, riconosciuta per i suoi design innovativi e di alta qualità. Carlo, un imprenditore visionario, ha costruito un marchio che ha saputo coniugare tradizione e modernità, rendendo celebre la Maison non solo a Milano, ma anche a livello internazionale. I due figli, **Guglielmo** ed **Edgardo Finzi**, hanno continuato l’attività di famiglia, portando avanti la sua eredità con passione e dedizione. Cresciuti in un ambiente di creatività e cultura, entrambi hanno sviluppato una forte identità legata al mondo della moda.

Tuttavia, l’ascesa della Maison fu tragicamente interrotta dalle leggi razziali del regime fascista, che colpirono duramente la comunità ebraica italiana. In questo contesto di violenza e persecuzione, Guglielmo ed Edgardo si trovarono a fronteggiare una realtà inesorabile, che costrinse la loro famiglia a chiudere l’attività. Gli eventi del 1944 segnarono la fine in modo drammatico: Guglielmo fu deportato ad Auschwitz, mentre Edgardo, dopo un periodo di detenzione e malattia, morì in ospedale appena dopo la liberazione. Le loro vite, e di conseguenza la Maison Finzi, vennero spezzate, lasciando un vuoto incolmabile nel panorama della moda italiana.

Le pietre d’inciampo a Milano, dedicate alla memoria di questi due fratelli, oggi fungono da testimonianza e simbolo di resistenza. La loro storia, che si intreccia indissolubilmente con la storia della Maison, riemerge ora attraverso un progetto che non solo celebra il design, ma si fa portavoce di un’importante riflessione sulla responsabilità sociale della moda. In questo modo, l’eredità della Maison Finzi non viene dimenticata, ma viene piuttosto rielaborata e rivitalizzata dal talento delle nuove generazioni di designer.

L’impatto delle leggi razziali sulla moda italiana

Le leggi razziali, introdotte in Italia negli anni ’30, segnarono un punto di svolta devastante per la comunità ebraica e, di riflesso, per l’intero panorama della moda. Questi provvedimenti, che si sono insinuati nella vita culturale e sociale del Paese, hanno avuto un effetto distruttivo anche sulle case di moda, molte delle quali, come la *Maison Finzi*, erano sotto la diretta influenza di designer di origine ebraica, costringendoli all’emarginazione o all’esilio. La bellezza e l’innovazione del made in Italy furono, di fatto, impoverite da migliaia di artisti costretti a interrompere la loro attività creativa.

Con la chiusura delle botteghe e l’allontanamento di molti stilisti, il tessuto stesso della moda italiana subì una frattura profonda. Le creazioni che un tempo avrebbero incarnato l’eccellenza e l’arte sartoriale vennero sostituite da una produzione meno ispirata e, purtroppo, anche meno etica. Non solo gli stilisti, ma anche quelli che lavoravano dietro le quinte, come sarti e artigiani, subirono l’impatto delle leggi razziali, e di conseguenza l’intera filiera della moda fu compromessa. La cultura della moda, che da secoli era sinonimo di innovazione e libertà espressiva, venne minata da un regime che disprezzava l’individualità e la diversità.

Oggi, rievocare questi eventi storici diventa essenziale per comprendere l’eredità che il *nazifascismo* ha avuto sulla moda italiana. Questo processo di riflessione è vitale per affrontare le questioni legate all’inclusione e alla responsabilità sociale nel settore, dove i valori fondamentali di libertà e creatività devono sempre prevalere. Attraverso progetti come *Il Filo Spezzato*, si è dato vita a una nuova consapevolezza, cercando di riparare i danni del passato e di restituire protagonismo a coloro che sono stati esclusi dalla narrazione della moda italiana.

Il progetto Il Filo Spezzato e la sua realizzazione

Il progetto *Il Filo Spezzato* si configura come un’iniziativa di rilievo, intrisa di significato e innovazione. Promosso congiuntamente da Marta Nava e Guido Lo Pinto, questo progetto ha avuto inizio con la volontà di onorare la memoria di una Maison storica come la *Maison Finzi*, da troppo tempo dimenticata a causa delle tragiche vicende legate al nazifascismo. Attraverso la creazione di un abito che trae ispirazione da un bozzetto originale ritrovato negli archivi della Biblioteca Braidense, il progetto ha coinvolto dieci studenti di diverse nazionalità iscritti al master in Fashion Design dell’IED di Milano.

Il percorso formativo ha visto i partecipanti affrontare ogni fase del processo creativo, partendo dalla rivisitazione storica del bozzetto fino alla realizzazione finale dell’abito. Ogni designer ha avuto l’opportunità di interpretare a modo proprio l’opera, rispettando però il contesto di origine e il messaggio sotteso: un inno alla resilienza della cultura e dell’arte in un periodo buio. I ragazzi e le ragazze coinvolti nel progetto non si sono limitati a creare un capo d’abbigliamento, ma hanno dato vita a un progetto culturale e sociale, con l’intento di riflettere criticamente sugli eventi passati.

La selezione finale delle opere ha visto il design di Silvia Marsano, 24 anni, originaria di Garbagnate Milanese, ricevere il riconoscimento speciale per la sua visione unica e la qualità artigianale. Il pezzo finale, ricavato da tessuti recuperati, rappresenta una porta d’accesso a un patrimonio perduto, dando voce a storie lontane. Questo approccio innovativo ha non solo rielaborato un’eredità storica, ma ha anche sensibilizzato i partecipanti e il pubblico sull’importanza del ricordo e della responsabilità sociale attraverso la moda.

Il processo creativo degli studenti del master IED

Il processo creativo degli studenti del master IED in Fashion Design è stato caratterizzato da una sinergia di ricerca, emozione e rispetto per la storia. Sotto la guida della direzione creativa di Marta Nava e Guido Lo Pinto, i dieci partecipanti hanno intrapreso un viaggio che ha unito il passato con il presente, esplorando a fondo le radici della *Maison Finzi*. Ogni designer ha potuto accedere a documenti storici e immagini, permettendo loro di creare un abito che non fosse solo una replica, ma un’interpretazione vivace e significativa di un periodo dimenticato.

Durante il progetto, i designer hanno partecipato a incontri, workshop e discussioni che hanno stimolato la riflessione critica. Hanno affrontato temi complessi come la memoria collettiva, l’identità culturale e la responsabilità sociale, consapevoli del peso storico del loro lavoro. Questo approccio multidisciplinare ha permesso di integrare stili diversi e idee innovative, sfidando le nozioni convenzionali di moda e design.

Una particolare attenzione è stata dedicata all’uso di materiali sostenibili e recuperati, simboleggiando non solo la resilienza della creatività, ma anche un chiaro messaggio verso una moda più etica e responsabile. Ogni creazione finale ha rappresentato non solo il talento individuale degli studenti, ma anche un profondo rispetto per la storia della *Maison Finzi*, evidenziando come il design possa fungere da strumento di memoria e riflessione. La scelta finale, l’abito di Silvia Marsano, è un esempio palpabile di come si possano unire estetica e responsabilità sociale attraverso il processo creativo.

L’abito finale e il suo significato nella memoria collettiva

Il vestito selezionato per rappresentare il progetto *Il Filo Spezzato*, creato da Silvia Marsano, si distingue non solo per la sua eleganza, ma anche per il profondo significato che incarna. Realizzato in taffetà bordeaux, questo abito riutilizza quasi dieci metri di tessuto proveniente da scarti di un negozio milanese, conferendo un valore aggiunto al concetto di sostenibilità. Ogni cucitura e ogni piega raccontano una storia, collegando il presente con il passato. Indossato dalla Presidente del Consiglio Comunale, Elena Buscemi, durante la cerimonia di consegna delle Benemerenze Civiche, l’abito agisce come un potente simbolo di rinascita e memoria.

Questo nuovo capo rappresenta un tentativo di riscrivere una narrativa storica che era stata interrotta dalle leggi razziali e dalla persecuzione. Indossare un design che riconosce e celebra la cultura della *Maison Finzi* è un atto di risarcimento, un modo per onorare non solo i fondatori, ma anche tutte le vittime di un periodo buio. L’interpretazione dello stile classico e la reinterpretazione di un bozzetto del primo Novecento non solo risvegliano l’estetica di una tradizione perduta, ma richiamano l’attenzione sulla responsabilità sociale dei designer contemporanei. L’abito non è solo un capo d’abbigliamento; diventa il veicolo di una narrazione collettiva, una manifestazione di resilienza e di speranza.

Infatti, il progetto di *Il Filo Spezzato* va oltre la semplice celebrazione del design. La sua essenza sta nel riconoscere che la moda non può e non deve essere un’arte isolata, ma deve fungere da piattaforma per discutere temi di inclusione, memoria e responsabilità etica. Questo abito assume un’importanza particolare nel contesto attuale, dove la questione dell’identità e della memoria culturale è più rilevante che mai. Attraverso questa creazione, la memoria della *Maison Finzi* e quello che rappresentava riemerge come eterna, invitando le nuove generazioni a non dimenticare e a trarre insegnamenti dalla storia.