Nino D'Angelo critica Sanremo 2025: monopolio dei cantanti e massoneria nell'era dell'autotune e della musica moderna

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By Redazione Gossip.re

Nino D’Angelo critica Sanremo 2025: monopolio dei cantanti e massoneria nell’era dell’autotune e della musica moderna

Il punto su Sanremo 2025

Nell’imminente edizione di Sanremo 2025, il panorama musicale italiano si sta preparando a un’immancabile sfida tra artisti emergenti e nomi storici. Un aspetto controverso della kermesse è stato messo in evidenza da Nino D’Angelo, che ha sollevato interrogativi sulla vera essenza della competizione. Secondo D’Angelo, esisterebbe una sorta di “lobby” composta da quatto o cinque case discografiche dominanti, che esercitano una notevole influenza sul corso della musica italiana.

Le radio, anche esse parte integrante di questo schema, hanno guadagnato un potere sempre più centrale, contribuendo a creare un ciclo di artisti già noti. Il cantante partenopeo ha utilizzato termini forti per descrivere questa situazione, evidenziando come le performance siano spesso condotte in playback durante eventi organizzati da stazioni radiofoniche di spicco, dove il talento genuino pare venire meno. Per D’Angelo, il crescente dominio degli artisti più esposti diminuisce l’importanza della canzone stessa, relegando la musica a un ruolo secondario in favore di meccanismi promozionali che privilegiano il profitto.

In un contesto simile, l’artista sente forte la necessità di rimanere autentico nella sua espressione musicale. Rappresentando una generazione che ha amato e vissuto la musica con passione, D’Angelo rivendica il diritto di fare arte in modo sincero, contro la tendenza di favorire un certo tipo di intrattenimento svilito da pratiche più commerciali.

Le critiche di Nino D’Angelo

Nino D’Angelo ha espresso un punto di vista provocatorio sul panorama musicale attuale, puntando il dito verso una ripetizione di artisti che dominano i palchi e le classifiche. Durante un’intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno, ha affermato che gli stessi nomi continuano a ripresentarsi, sia in festival che in programmi televisivi. Questa dinamica, secondo D’Angelo, non favorisce la diversità artistica, ma crea un’atmosfera in cui gli artisti più emergenti faticano a ritagliarsi uno spazio significativo nel mercato musicale.

Particolarmente critico è stato il modo in cui gli artisti sono spesso costretti a esibirsi in playback durante grandi eventi, un fenomeno che riduce l’importanza della performance dal vivo e, di conseguenza, dell’espressione autentica del talento. L’ex “caschetto biondo” del panorama musicale italiano sostiene che questa situazione non possa continuare e che dovremmo riflettere sul valore della musica genuina, in contrasto a forme di intrattenimento frutto di strategie commerciali ben pianificate.

D’Angelo continua a sostenere che non si tratta solo dell’esecuzione musicale, ma di un diritto fondamentale per gli artisti di esprimere la propria arte senza essere intrappolati in schemi promozionali predeterminati. La dignità dell’artista, per D’Angelo, deve essere preservata attraverso un ritorno alle radici della musica, dove il lavoro e l’autenticità contano più della mera visibilità e dei “like” sui social media.

La massoneria della musica

Nino D’Angelo ha lanciato accuse sorprendenti e provocatorie riguardo a una presunta “massoneria della musica” che governa il panorama musicale italiano. Secondo il noto cantante partenopeo, esisterebbe una ristretta cerchia di influenze che determinano chi ha diritto di emergere e chi, invece, rischia di rimanere nell’ombra. Questa rete di potere si compone di poche case discografiche, delle stazioni radio più influenti e di agenzie di management che controllano il destino di molti artisti. D’Angelo evidenzia come questa situazione crei un monopolio artistico che svilisce la diversità e l’innovazione musicale.

Le forti parole di D’Angelo pongono l’accento sulla ripetitività di un sistema che tende a privilegiare sempre gli stessi nomi, creando un ciclo di artisti già noti. In questa visione, la capacità di esibirsi e di raggiungere il pubblico sembra più legata a fattori esterni, come la visibilità generata da eventi mediatici e campagne pubblicitarie, piuttosto che al talento artistico intrinseco. La musica, secondo D’Angelo, diventa un prodotto commercializzato anziché un sincero mezzo di espressione.

Il cantante sottolinea come tali meccanismi non solo frenino l’emergere di nuove voci, ma influenzino anche la percezione generale della musica stessa. In un contesto dove le performance dal vivo sono sempre più rare e il playback diventa la norma, è difficile mettere in risalto la qualità e la verità artistica. D’Angelo invoca quindi una riflessione profonda su come questa “massoneria” stia plasmando non solo il futuro di artisti emergenti, ma anche il panorama musicale dell’intero Paese.

L’impatto dell’autotune

Nino D’Angelo ha messo in evidenza uno degli aspetti più controversi della musica contemporanea: l’uso e l’abuso dell’autotune. Secondo il cantante partenopeo, questa tecnologia, che permette di correggere le imperfezioni vocali, ha rivoluzionato il modo di produrre la musica, ma ha anche contribuito a un appiattimento generale della qualità sonora. D’Angelo sottolinea che, sebbene l’autotune possa sembrare un alleato per molti artisti, privarli di questo strumento potrebbe portare a “danni incalcolabili” e compromettere le carriere di chi ne fa un uso costante.

La critica dell’artista si concentra sul fatto che l’autotune non solo maschera le imperfezioni, ma potrebbe anche ridurre l’abilità di cantare dal vivo, rendendo le performance più simili a semplici esibizioni da studio. La conseguenza è una musica che si basa sempre più su un’estetica prefabbricata e poco autentica, dove il talento vocale risulta depotenziato. Questo porta a una standardizzazione della musica, facendo sì che gli ascoltatori si abitui a un suono “virtuale”, lontano dalla realtà e dalla spontaneità della musica dal vivo.

D’Angelo, in modo provocatorio, invita a riflettere sull’effettivo valore della musica: “La canzone conta sempre di meno”. Quello che una volta era considerato un fondamentale mezzo di espressione umana viene ora ridotto a un semplice prodotto commerciale, dove le tecnologie mascherano la mancanza di originalità e talento. In questo contesto, il festival di Sanremo diventa al contempo un palcoscenico di artisti e un campione di queste dinamiche, a evidenziare il divario tra arte autentica e produzione industriale.

La visione di un artista autentico

Nino D’Angelo si presenta con una visione chiara e decisa rispetto all’identità musicale che desidera portare avanti. In un contesto dominato da modelli commerciali e da un’immagine costruita a tavolino, l’artista partenopeo enfatizza l’importanza dell’autenticità come valore fondamentale. Per lui, l’essenza della musica risiede nella capacità di comunicare emozioni genuine, un aspetto sempre più assente in un panorama dove prevalgono le logiche dell’intrattenimento superficiale.

Si definisce chiaramente come “il cantante napoletano” e afferma che questa identificazione non è solo una questione di provenienza, ma una parte intrinseca della sua arte. D’Angelo esprime un desiderio impellente di creare e di esibirsi, paragonando il bisogno di cantare alla necessità di respirare. Questa necessità di espressione autentica diventa un manifesto contro la tendenza prevalente di sacrificare il talento vocale in favore di produzioni che, sebbene visivamente accattivanti, risultano in ultima analisi prive di sostanza.

Per D’Angelo, l’arte non deve essere relegata a un mero strumento di marketing. La vera musica deve emergere dal cuore, da storie vissute e da esperienze personali, piuttosto che da calcoli strategici. Con questo approccio, il cantante mira a incoraggiare una rinascita della musica italiana, invitando artisti e produttori a riscoprire il potere della vera espressione artistica, capace di emozionare e coinvolgere in modo autentico. Questa sua ricerca di autenticità contribuisce a delineare un percorso artistico che si oppone nettamente alle dinamiche commerciali attuali.