Pensioni di gennaio 2025 in ritardo: ecco gli aumenti minimi e i nuovi tempi di pagamento.

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By Redazione Gossip.re

Pensioni di gennaio 2025 in ritardo: ecco gli aumenti minimi e i nuovi tempi di pagamento.

Pensioni di gennaio 2025: ritardi e aumenti minimali

Per i pensionati, il mese di gennaio 2025 non porta certezze positive. Infatti, si registrano ritardi nei pagamenti delle pensioni e gli aumenti previsti si rivelano insoddisfacenti, con incrementi ridotti rispetto agli anni passati. Mentre normalmente gennaio è un mese significativo per le rivalutazioni annuali, quest’anno gli importi relativi a queste pensioni scivoleranno verso il basso.

Tale decremento è aggravato dalla mancanza di conguagli, a seguito della differente perequazione adottata nel sorgere dell’anno. Le attese sono fissate su cifre esigue, che non riescono a compensare l’andamento inflattivo, rendendo la situazione finanziaria dei pensionati particolarmente difficile.

Nonostante a dicembre i pensionati ricevano importi più consistenti grazie alla tredicesima mensilità, gennaio risulta un mese delicato, caratterizzato da aumenti esigui che si riflettono in modo tangibile sulle finanze familiari. In questo contesto, i pensionati devono prepararsi a incassare somme nettamente inferiori rispetto a quelle degli anni precedenti, creando ulteriore tensione e preoccupazione per il proprio tenore di vita.

Cause dei pochi euro di aumento

Il motivo principale dietro gli aumenti limitati delle pensioni di gennaio 2025 risiede nel tasso d’inflazione certificato a livello governativo. Dopo il controllo tecnico dell’ISTAT, è emerso un tasso di previsione pari soltanto allo 0,8%. Questa cifra, di gran lunga inferiore rispetto ai tassi applicati negli ultimi anni, ha un impatto diretto sugli aumenti pensionistici.

Nel 2023, ad esempio, la rivalutazione avvenne con incrementi decisamente più significativi: il tasso di inflazione si attestava intorno al 7,3% e successivamente all’8,1%. Tali valori contribuivano a incrementi che permettevano ai pensionati di recuperare parte della perdita di potere d’acquisto. Al contrario, con l’attuale tasso previsivo, gli aumenti appaiono del tutto insufficienti per far fronte all’inflazione e al caro vita.

In questo contesto, solo le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo beneficeranno dell’intero aumento dello 0,8%. Le pensioni superiori subiranno decurtazioni proporzionali: allo 0,72% per quelle comprese tra quattro e cinque volte il minimo, e allo 0,6% per le pensioni superiori a cinque volte il trattamento minimo. Purtroppo, i pensionati devono prepararsi a ricevere aumenti esigui che non si avvicinano nemmeno a compensare l’impatto dell’inflazione annuale.

Meccanismo di rivalutazione delle pensioni

Il ricalcolo delle pensioni in Italia avviene in base al tasso di inflazione così come certificato dall’ISTAT, che fornisce dei dati provvisori sui primi tre trimestri dell’anno. Questo sistema implica che i pensionati riceveranno un’adeguata rivalutazione solo dopo che l’ISTAT conferma i dati definitivi, delineando l’andamento reale dei prezzi per l’intero anno. Pertanto, il tasso provvisorio di quest’anno, che si attesta allo 0,8%, rappresenta un forte segnale di preoccupazione, considerando il contesto inflattivo: nell’anno precedente, gli aumenti erano molto più consistenti, come dimostrato dai tassi superiori al 5%.

Le pensioni vengono adeguate annualmente in base a questo tasso, e tuttavia, il fatto che il tasso attuale sia significativamente più basso rispetto a quelli degli anni precedenti ha comportato aumenti modesti. Un aspetto cruciale da considerare è la suddivisione delle pensioni in fasce. Si registra un aumento del 0,8% per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo, mentre le pensioni superiori vedranno aumenti ridotti: 0,72% per quelle comprese tra quattro e cinque volte il minimo e 0,6% per le pensioni superiori a tale soglia. Questa segmentazione mette in evidenza che mentre alcune categorie di pensionati beneficiano pienamente dell’aumento, altre subiscono un impatto nettamente negativo, aggravato dalle già difficili condizioni economiche attuali.

La situazione è ulteriormente complicata dall’assenza di conguagli. Infatti, i conguagli, che normalmente consentono di recuperare le differenze tra il tasso di inflazione preventivato e quello definitivo del precedente anno, non saranno presenti per il 2025, data la similitudine tra il tasso previsto e quello finale. Ciò significa che i pensionati non solo si troveranno di fronte aumenti minimi, ma perderanno anche l’opportunità di rientrare in qualche modo delle perdite subite negli anni passati.

Conguagli assenti e loro conseguenze

Un ulteriore elemento di preoccupazione per i pensionati relativi a gennaio 2025 è l’assenza di conguagli, un aspetto fondamentale che permette ai beneficiari di recuperare le differenze tra l’aumento provvisorio e quello definitivo. Nella normativa vigente, i conguagli sono stati storicamente una misura importante, poiché consentono un adeguamento retroattivo per i pensionati. Tuttavia, per il 2025, la situazione si presenta diversa rispetto agli anni precedenti.

Nel 2023, ad esempio, i pensionati beneficiarono di un conguaglio che compensava l’aumento del 7,3% dell’inflazione iniziale, rispetto all’8,1% definitivo. Tuttavia, nel 2024 si è registrato un tasso di inflazione previsto allineato a quello definitivo, fissato al 5,4%. Questa uniformità elimina la necessità di conguagli, lasciando i pensionati privi di un potenziale sostegno economico che avrebbe potuto migliorare la loro situazione finanziaria.

La mancanza di conguagli si traduce in una perdita più marcata del potere d’acquisto per i pensionati, i quali non riceveranno alcun rimborso per le differenze inflattive non adeguatamente compensate. Di conseguenza, la loro capacità di affrontare le spese quotidiane si riduce ulteriormente, in un contesto di costante aumento dei prezzi e di difficoltà economiche generali. Pertanto, l’impatto della scelta di non attuare conguagli si riflette negativamente sul tenore di vita dei pensionati, amplificando le preoccupazioni per il futuro.

Slittamento nei pagamenti: cosa aspettarsi

Il mese di gennaio 2025 non si presenta solo con aumenti ridotti per i pensionati, ma anche con significativi slittamenti nei pagamenti. Tradizionalmente, il primo giorno del mese è destinato all’incasso delle pensioni, ma poiché il 1 gennaio 2025 cadrà in una giornata festiva, i pensionati non saranno in grado di ricevere i loro pagamenti in tale data. Questo non sorprende, ma il problema si complica ulteriormente per il giorno successivo, il 2 gennaio, che, pur non essendo festivo, non è considerato un giorno bancabile dall’INPS. Questo slittamento obbliga i pensionati ad attendere il 3 gennaio per accedere ai loro fondi.

È importante sottolineare che questo ritardo non è una novità, ma si configura come una prassi annuale. L’INPS utilizza il 2 gennaio per effettuare gli adeguamenti necessari ai sistemi informatici in vista del nuovo anno e per garantire che tutte le transazioni siano regolarmente eseguite. Tuttavia, la tempistica di incasso rappresenta una preoccupazione per molti pensionati, in particolare quelli che dipendono fortemente dal reddito pensionistico per coprire le spese quotidiane.

Questa situazione di slittamento crea un ulteriore carico psicologico su una categoria già sotto pressione. La combinazione di ridotti aumenti e pagamenti ritardati potrebbe non solo influenzare la capacità di gestione finanziaria mensile, ma anche generare ansia nei pensionati che potrebbero essere costretti a posticipare spese importanti fino al ricevimento della pensione. Di conseguenza, la necessità di una pianificazione finanziaria attenta diventa imperativa in un contesto così sfavorevole.